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3 pillole di neuromarketing per piccole aziende: il flagship store di Lego a Manhattan

Può il neuromarketing essere usato anche dalle piccole aziende?

Il LEGO Store di Manhattan si trova a due passi dal Rockefeller Center, nel cuore di New York.

Fuori c’è una fila lunghissima, che si estende lungo tutto l’angolo dell’isolato. Le famiglie e i bambini non si contano, ma è anche pieno di adulti disposti ad aspettare mezz’ora pur di entrare nel negozio.

E sì, io sono tra questi!

Quando finalmente si riesce a superare l’ingresso, si rimane per un attimo frastornati. Colori sgargianti, ‘sculture’ fatte con i mattoncini LEGO, personaggi iconici: c’è di tutto e di più. Io ero stato già al Flagship Store LEGO di Milano, ma questo è semplicemente… di più.

Gli americani dopotutto non vanno per il sottile, e quando si tratta di business non fanno certo le cose a casaccio.

Per questo, nonostante la tentazione di lasciarmi trascinare dai ricordi dell’infanzia e immergermi in quel mondo colorato, mi sforzo di concentrarmi sul marketing.

Mi chiedo: cosa stanno cercando di vendermi? E quali mezzi di comunicazione e persuasione hanno scelto di utilizzare?

Mi guardo attorno. Alla mia sinistra un Hulk a grandezza reale con cui i bambini si fanno le fotografie. A destra, un taxi giallo a dimensione reale, anche questo in LEGO, con i bambini che si fanno le foto seduti al suo interno. Tutt’attorno, le confezioni LEGO dedicate ai principali brand.

Di fronte a me la cosa più sorprendente: un intero ingresso della Subway di New York fatto in LEGO, con tanto di capostazione seduto nella sua postazione.

Salgo al secondo piano. La scala è tappezzata di riferimenti ai grandi brand della Disney, della Marvel, ma anche ai Ghostbusters e a Batman. Tutto fatto con i LEGO, tutto reinterpretato in chiave LEGO.

Al piano di sopra si passa di più sulla vendita, tra confezioni, personaggi e una miriade di altre piccole chicche, come un QR Code gigante fatto in mattoncini. Mi chiedo se funzioni davvero.

Al centro nel piano invece, un grande stand dove i bambini (o persone come me) possono comporre il loro omino LEGO scegliendone i pezzi e personalizzandolo come preferiscono. Se scelgono di acquistarlo, possono persino metterci il proprio nome.

Il tour a questo punto è grossomodo finito. Compro un mini Darth Vader LEGO, e mi appunto le principali leve di neuromarketing utilizzate nel negozio.

Le 3 pillole di neuromarketing LEGO che puoi usare anche tu

Quando si analizza il marketing di un brand colossale come LEGO, bisogna sempre fare estrema attenzione a quali spunti e insegnamenti si prendono in considerazione.

Non mi stancherò mai di ripetere che grandi brand e piccoli brand competono in campionati diversi. Anzi, in sport diversi.

E da marketer, non se ne può davvero più di vedere consulenti o agenzie pubblicitarie che convincono i loro clienti a spendere vagonate di soldi per imitare le strategie e le azioni di marketing dei grandi brand!

Se lo fa la LEGO e funziona, posso farlo anche io con la mia piccola azienda locale, no? Si impara e si prende spunto dai migliori, no?

NO!

O meglio, NO a meno che non si abbia totale consapevolezza di cosa si stia facendo e perché. Cosa che, a meno che non si abbiano anni di esperienza e solida formazione in ambito marketing, non accade.

Nel 99% dei casi, imitare le politiche delle grandi aziende e dei grandi brand è una scelta del tutto fallimentare. Perché nella quasi totalità dei casi, la comunicazione dei big player si avvale di milioni e milioni di euro di budget, e si basa sulla ripetizione dei messaggi e nella costruzione d’identità di brand nell’arco di anni, spesso decenni. Non certo sull’ottenere risultati nel giro di qualche mese (e quando le grandi aziende si illudono di poterci riuscire, sono le prime a fallire).

Prima di decidere se copiare il marketing e la comunicazione di un grande brand, fatti queste domande: la mia attività ha lo stesso budget di una grande azienda? E posso permettermi di aspettare anni per avere risultati?

Se la risposta a una di queste domande è no, probabilmente non dovresti imitare quel tipo di marketing e comunicazione.

In questo articolo ti racconto quindi in breve quali insegnamenti di neuromarketing per piccole aziende puoi trarre anche tu dal LEGO Store di NY, e come puoi (e non puoi) applicarli alla tua attività.

Pillola di neuromarketing per piccole aziende #1

Il primo insegnamento che possiamo trarre dal caso della LEGO, è il modo in cui il brand si è legato emotivamente al suo target di pubblico.

Dopo 30 secondi nel negozio è già evidente. Hulk, i Ghostbusters, Star Wars, Harry Potter: uno dei motivi per cui lo Store è molto più di un negozio è che offre al suo pubblico non tanto il prodotto in sé, le costruzioni, e il divertimento dell’usare i mattoncini.

Piuttosto, dà al pubblico i suoi eroi, cioè i personaggi più amati del mondo. Cartoni, film, supereroi: il brand LEGO è così forte perché sono forti i volti e i brand a cui si appoggia.

I bambini che si entusiasmano nello Store LEGO si entusiasmano perché tramite i mattoncini possono entrare nel mondo dei loro personaggi preferiti.

E di conseguenza, il brand LEGO brilla della luce dei brand che rappresenta.

Questo effetto è noto in psicologia come “effetto alone”, un bias cognitivo ampiamente utilizzato dal neuromarketing. Per via dell’effetto alone, noi estendiamo le nostre percezioni positive non solo all’oggetto della nostra stima, ma anche a ciò che lo circonda.

Proviamo emozioni positive di fronte ai personaggi Marvel? Bene, le proveremo anche per il brand LEGO nel momento in cui si associa a essa nel nostro immaginario.

Il tema è estremamente complesso e ci sarabbero tantissime cose da dire.

La domanda importante però è:

Come può una piccola azienda utilizzare questo principio in modo efficace?

Di certo una piccola attività non può associarsi a brand come Harry Potter o la Marvel. Però quello che può fare è costruire delle partnership con altre attività e altri marchi che condividono con essa valori, attributi, e soprattutto pubblico e utenza.

In questo modo un brand di cura per il corpo equosolidale può fare delle partnership con altri marchi legati al mondo del bio, come negozi o marchi di moda sostenibile, anche locali. Oppure con influencer attivi e credibili in quella nicchia.

Il modo in cui invece molte attività si ostinano a cercare di sfruttare questo meccanismo psicologico è cercare a tutti i costi di collaborare con testimonial e influencer celebri… rigorosamente non in target, e che non hanno nulla in comune con quel brand.

Qualche esempio? Fedez testimonial di una catena di palestre. O l’hamburgeria della mia città che ha usato una pornostar per il lancio di un nuovo panino.

In questi casi non solo non avrete sfruttato l’effetto alone, ma avrete speso anche decine di migliaia di euro con l’unico risultato di incasinare il vostro posizionamento.

Pillola di neuromarketing per piccole aziende #2

La seconda pillola di neuromarketing gentilmente offertami dallo Store LEGO, è una piccola cosa, ma con delle applicazioni tutt’altro che banali.

Mi riferisco a una delle tante chicche del negozio: il grande QR Code alla parete fatto con i mattoncini. Prima di andare via, per curiosità ho provato a scannerizzarlo col telefono. Funzionava davvero? Serviva a qualcosa?

Spoiler: sì! Funzionava come un vero codice QR. Aprendolo, si apriva un portale dove si poteva effettuare la registrazione al programma VIP di LEGO.

I takeaway di questa cosa sono due, uno positivo e uno negativo.

Quello positivo ci insegna che l’effetto sorpresa può avere risultati molto efficaci. In un contesto in cui siamo bombardati da pubblicità di ogni tipo, l’effetto sorpresa può aiutare un brand a superare la concorrenza con gli altri stimoli e a catturare l’attenzione del pubblico.

Per far questo però non basta la sorpresa: l’eccitazione cerebrale per la sorpresa dura molto poco, e per avere degli effetti deve essere coerente con il brand e in linea con gli obiettivi. In questo caso LEGO ha piazzato un trigger di marketing (nel neuromarketing lo chiamiamo nudge) all’interno di un qualcosa di “innocuo e divertente”. Chi vede il QR non pensa di essere il destinatario di un’azione di marketing, bensì si diverte a provare a utilizzarlo per vedere come me se funzioni oppure no.

D’altro canto, il QR della LEGO funziona solo in parte. Una volta utilizzato e aperto il portale, non c’è infatti una reale motivazione per l’utente di registrarsi al programma VIP.

Nessuna promessa, nessun incentivo, né una spiegazione persuasiva di alcun tipo.

Quando invece noi andiamo a lavorare su un processo di marketing e ci inventiamo qualcosa per catturare l’attenzione, stiamo di fatto creando l’inizio di un funnel. E perché il funnel porti conversioni e si riveli davvero utile, dobbiamo curare ogni step successivo fino al raggiungimento dell’obiettivo. Attirare l’attenzione non serve a nulla se poi la si perde un attimo dopo.

Da questo punto di vista è spesso il copy a fare la differenza: ogni step va curato con le giuste parole e i giusti input di comunicazione al fine di guidare l’utente / cliente in una determinata direzione.

Pillola di neuromarketing per piccole aziende #3

Il terzo insegnamento del Lego Store l’ho tratto dallo stand al primo piano, in cui gli appassionati possono costruirsi un omino LEGO personalizzato e dargli un nome.

Questa terza pillola di neuromarketing adatta anche alle piccole aziende è la più semplice, e allo stesso tempo la più potente.

In realtà questo è solo un esempio palese del motivo principale per cui LEGO è così amata. Noi esseri umani tendiamo infatti ad apprezzare di più le cose che abbiamo creato con le nostre mani.

Costruire un’astronave con i mattoncini LEGO seguendo le istruzioni, o ancora meglio creare un personaggio tutto nostro, personalizzato come vogliamo. Il nostro cervello ama questo tipo di stimoli, e dà grande valore a ciò che abbiamo contribuito a creare.

Con le dovute accortezze, anche le piccole e medie aziende possono sfruttare questo meccanismo, ad esempio coinvolgendo i loro clienti nel processo creativo del prodotto, o dei contenuti; oppure inserendo degli elementi fai da te al momento dell’utilizzo.

Questo bias cognitivo che chiamiamo effetto IKEA, è tra i più utilizzati dal neuromarketing. Ma allo stesso tempo è tutt’altro che semplice da usare in modo efficace, e se non lo si conosce approfonditamente rischia di portare risultati disastrosi.

Questi principi vanno usati con criterio

Tante piccole aziende ogni giorno provano a utilizzare questi principi di neuromarketing in modo improvvisato, quasi sempre senza conoscerne a fondo le dinamiche e la logica.

Il risultato in questi casi è purtroppo l’opposto di quello che qualunque imprenditore sano di mente dovrebbe desiderare. Cioè il ritrovarsi, invece che con clienti sedotti e fidelizzati, con una fuga generalizzata di clienti, che si rivolgono altrove insoddisfatti e infastiditi.

Non commettere lo stesso errore anche tu. Se vuoi scoprire se e in che modo questi meccanismi decisionali inconsci dei tuoi clienti potrebbero essere sfruttati a tuo vantaggio, rivolgiti sempre a un professionista. E se pensi che io possa essere la soluzione che fa al caso tuo, non devi fare altro che compilare il form di contatto.

I tuoi clienti ti ringrazieranno: ne saranno felici e diventeranno i primi promotori del tuo business.

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