Secondo alcuni, il film di Barbie appena uscito nelle sale è una vera e propria trovata di marketing. Per qualcun altro è stato invece un’autentica sorpresa, in positivo o in negativo.
C’è chi l’ha definito un capolavoro di inaspettata profondità, chi invece è uscito dalla sala infastidito per i temi trattati o per i modi con cui sono stati trattati.
Quello che è certo è che Barbie sta ottenendo un risultato al botteghino di molto superiore a qualsiasi previsione iniziale. Uscito in contemporanea con il colossal di Nolan Oppenheimer negli Stati Uniti, il film a tinte rosa di Greta Gerwig è riuscito a creare il “Barbienheimer“, una sorta di derby cinematografico che ha spopolato negli hashtag e nelle conversazioni social durante le settimane precedenti all’uscita dei due film.
Tutto questo insperato successo non è stato però frutto del caso. Il film di Barbie è stato infatti sostenuto da una campagna di marketing mastodontica. I costi di marketing legati alla promozione del film (150 milioni di dollari) sono stati infatti addirittura superiori ai costi di realizzazione dell’intera pellicola (circa 140 milioni di dollari).
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: in soli 17 giorni il film ha superato il miliardo al botteghino. E sull’onda dell’entusiasmo, Mattel ha annunciato di avere l’intenzione di produrre un’altra decina di film ispirati ai suoi giochi più conosciuti.
Ma come sono stati spesi questi 150 milioni di $ di marketing per Barbie, e quali sono state le chiavi del successo del film? In questo articolo voglio riassumere i principali elementi che hanno contribuito a trasformare la più iconica bambola del mondo in un inaspettato fenomeno cinematografico.
Le leve di Barbie-marketing che hanno fatto spopolare il film
Il successo di un film, come per un’azienda, dipende da una miriade di fattori. Nel caso particolare di un’opera cinematografica come Barbie, il marketing svolge chiaramente un ruolo di primaria importanza, ma il film non avrebbe mai avuto il successo che ha ottenuto senza un cast di primo piano e senza un grande lavoro alle spalle.
Ma siccome questo è un blog di marketing e NON di critica cinematografica, mi concentrerò in questo post solo sulla campagna marketing dietro Barbie – The Movie. Per cui tutto ciò che segue riguarda ESCLUSIVAMENTE la campagna marketing. Che il film mi sia piaciuto o meno… è del tutto irrilevante!
Ecco quindi i 5 elementi che a parer mio hanno maggiormente contribuito al successo commerciale del film.
1) Il brand Barbie è stato OVUNQUE per settimane
Il primo punto, evidente agli occhi di tutti e assolutamente lapalissiano, è che una gran parte del budget di marketing sia stata spesa per far arrivare il film letteralmente a chiunque. A meno che uno non si trovasse da mesi in viaggio su un’astronave diretta su Marte, è pressoché impossibile non aver sentito parlare del film di Barbie a luglio 2023.
Questo è dovuto a una strategia di brand awareness su cui si è investito tantissimo. Il lavoro che è stato fatto a tal proposito ha puntato tutto sul presidio del maggior numero di canali di comunicazione. Una vera e propria campagna multicanale che ha utilizzato tantissimo l’online ma ha coinvolto anche media locali, televisione, marketing offline.
I diversi canali lavorano sempre insieme, si spingono a vicenda e condividono il traffico. Essere presenti ovunque è infatti efficace non solo perché è un ovvio stimolo alla memorizzazione del brand, ma anche perché attiva tutta una serie di processi cognitivi e comportamentali.
Più si aumentano i touchpoint (=i punti di contatto) con i potenziali clienti, più si innescano alcuni meccanismi inconsci cui tutti siamo soggetti. Tra questi il più rilevante è probabilmente i bias cognitivi della mera esposizione e della familiarità, per cui più ci è familiare un determinato prodotto, evento, soggetto, più siamo portati a sviluppare un interesse e delle emozioni positive nei suoi riguardi.
A sua volta, l’esposizione così massiccia al brand Barbie l’ha reso “rilevante” agli occhi del pubblico, trasformandolo in un vero evento mediatico e generando FOMO (Fear of Missing Out), cioè la paura irrazionale di perdersi qualcosa di importante e di essere in qualche modo “tagliati fuori” dai discorsi collettivi.
2) Co-marketing e product placement
La seconda, fondamentale, strategia di marketing utilizzata per la prima Barbie targata Margot Robbie (che c’è da dirlo riuscirebbe a risvegliare l’interesse verso qualsiasi cosa a qualunque essere vivente sul globo terracqueo), è il co-marketing.
Cioè l’insieme di tutte quelle partnership tra brand diversi che mettono in piedi collaborazioni per condividere i rispettivi pubblici. La lista di collaborazioni in co-marketing che si trovano sia durante il film che nelle campagne pubblicitarie è sterminata.
Tra le collaborazioni più importanti sono state certamente quelle con le sneakers Superga, che hanno assunto il compito di farsi simbolo dell’empowerment femminile e hanno cavalcato l’onda con la creazione di alcune versioni ad hoc a tema Barbie.
Ma ancora più clamorosa è stata la partnership con Birkenstock. Le scarpe del brand tedesco sono apparse nel film in una scena chiave del film che, attraverso una citazione di Matrix, ha visto Barbie rinunciare alla sua pseudo idilliaca funzione di “donna immagine” in favore di una sua presa di posizione nel mondo vero. Grazie a questa operazione di Product Placement Birkenstock si è fatta simbolo della donna artefice del suo destino. E questo ha segnato un boom di vendite eccezionale, con picchi di fatturato fino al +110% in paesi come l’Arizona.
Ma la lista è davvero infinita. Chanel, Impala, Kipling, Burger King, e decine di altri brand hanno cavalcato l’onda della Barbie-mania, moltiplicando esponenzialmente la portata mediatica del film (oltre che ovviamente del loro stesso brand, con una simbiosi perfetta di intenti).
3) Rituali e simboli
Una delle azioni di marketing che personalmente mi ha entusiasmato di più tra quelle che ho visto attuare per Barbie, è stata una strategia di neuromarketing da manuale che in pochi hanno colto. Gonne rosa, vestitini rosa, magliette o pantaloni rosa: le sale dove si proietta Barbie sono tinte dal colore che rappresenta la bambola per eccellenza.
Si è scherzato molto su questa cosa. C’è chi ha parlato di allucinazione collettiva, chi ha criticato la cosa come una moda senza senso. Chi ancora ha sghignazzato nel vedere persino signore di una certa età sfoggiare vestiti di un brillante rosa shocking.
Ma per chi si occupa di neuromarketing, assistere alla creazione di un vero “rituale” di marketing è davvero una grande soddisfazione. Si tratta infatti di un evento piuttosto raro da vedere, e di certo non banale da creare. Creare un rituale significa infatti trasformare il consumo di un prodotto in un atto dai connotati religiosi. Cioè trasformare un prodotto in un oggetto di culto, in qualcosa da provare almeno una volta e in cui identificarsi. Il rituale aggiunge un tocco di “magia” all’esperienza complessiva, accende la FOMO e diventa contagioso.
Tra i casi più celebri di “rituali” di marketing che sono diventati un vero e proprio simbolo identitario di interi brand ci sono sicuramente il sale e limone sulla Corona (pura invenzione di marketing) e l’iconico modo di spillare la Guinness, anch’esso trasformato in un vero e proprio rituale.
Ci sarebbe tantissimo da dire in merito. Ma per approfondire al meglio il tema la scelta migliore è leggere “Neuromarketing“, il grande classico di Martin Lindstrom.
4) Engagement e polarizzazione
C’è però un quarto fondamentale elemento di marketing che ha contribuito ad aumentare a dismisura la portata mediatica di Barbie. E di nuovo, parliamo di un elemento dai connotati quasi religiosi.
Tutto il film di Greta Gerwig ha fin dall’inizio dovuto affrontare una grande sfida. Una sfida di marketing ma anche di contenuto, ovvero lo slegare l’opera cinematografica dal prodotto, pur garantendogli la centralità. Barbie – The Movie è infatti una grande operazione commerciale rivolta non solo al target di fan del brand.
L’obiettivo era quello di abbracciare una fetta di pubblico più ampia. Barbie non doveva essere infatti un film per sole donne né un film per bambine o bambini.
Il trailer stesso era molto chiaro su questo punto: “Che tu ami Barbie o odi Barbie, questo film è per te.“
E sebbene questo claim sembri cozzare con i principi base del marketing, in realtà è stata una vera dichiarazione di intenti. Infatti Barbie è un film divertente e fedele alla storia della bambola, ma è anche un film per adulti, interamente incentrato sul tema del femminismo.
Il modo stesso in cui il film tratta queste tematiche è estremamente polarizzante. Il pubblico si è letteralmente spaccato nei giudizi. Da un lato chi lo ha elevato a film d’autore, attribuendogli una profondità semantica insospettabile (probabilmente esagerando un po’), dall’altro chi invece si è sentito infastidito dai temi toccati, dal ruolo che è stato dato alla rappresentazione maschile, o dalle modalità un po’ didascaliche con cui questi temi sono stati trattati.
Il risultato evidente è il marasma di dibattiti che si sono generati online, con due fazioni contrapposte che hanno trasformato il tema in una guerra di posizione. Due vere e proprie religioni contrapposte che hanno infiammato di engagement i contenuti inerenti il film, in pressoché tutti i social media.
Un engagement che ha letteralmente messo Barbie sulla bocca di tutti, e spinto una fiumana di persone eterogenee ad andare a vedere il film anche solo per potersi formare un’opinione e potersi quindi arruolare per l’uno o l’altro schieramento.
5) UGC e meme
L’ultimo punto chiave che a parer mio ha decretato il successo del film a tinte rosa, è stato l’aver saputo creare un ambiente florido per gli UGC.
Gli UGC (User Generated Content) sono i contenuti inerenti un brand o un prodotto che vengono realizzati e pubblicati dai clienti stessi. E Barbie è stato un vero capolavoro in questo senso. Il film ha infatti saputo ricreare una serie di situazioni e di personaggi acchiappa-meme semplicemente facendo leva sulla storia del prodotto.
Barbie stereotipo, Barbie astronauta, Barbie stramba, ma anche i vari Ken e le loro canzoni scritte per il film, così come Allan, sono una vera miniera d’oro per chi realizza meme e ama condividerli nei propri canali social.
Una menzione speciale va anche al Barbie Selfie Generator, un’app gratuita online che permette di caricare un proprio selfie e “barbiezzarlo“. Risultato: una valanga di UGC ad alta viralità pubblicati nei social dagli utenti stessi.
Se da un alto la viralità è spesso una conseguenza casuale di azioni di marketing discutibili, in questo caso Barbie è un mix perfetto per generarla. In questo si vede tutta la differenza tra il marketing di una multinazionale che ha budget illimitati e una piccola azienda che invece deve investire solo in strategie di marketing capaci di far tornare indietro ogni singolo centesimo.
Ma quello che anche una piccola azienda può imparare da questo, è che non è la viralità di per sé che va inseguita. Al contrario, gli UGC possono essere uno strumento economico ed efficace per rafforzare il legame con il proprio pubblico e delegare a esso una parte della propria comunicazione.
Un successo facile da riprodurre anche per una piccola azienda?
Quando si parla di operazioni di marketing da centinaia di migliaia di dollari, si entra sempre in un campo minato. Perché il marketing realizzato con il budget di un colosso è molto diverso da quello che può permettersi una piccola azienda.
Una big company può permettersi di investire milioni su milioni a fronte di risultati spalmati su orizzonti temporali lunghissimi. Una piccola azienda non può invece permettersi di investire i propri soldi nella speranza di crescere dopo anni. Per questo motivo, quando si parla del marketing delle grandi aziende si deve sempre fare attenzione a non trasmettere il messaggio sbagliato.
Ecco perché un piccolo business può certamente imparare da campagne di marketing di successo come quella di Barbie. Ma per farlo, non può nemmeno sognarsi di imitarne le strategie. Sarebbe come per un atleta alle prime armi pretendere di punto in bianco di correre una ultramaratona solo perché qualche campione è in grado di farlo.
Grandi aziende e piccole aziende NON sono la stessa cosa!
Sono proprio diverse le logiche: e se non le si comprende a fondo, il disastro è dietro l’angolo. Una big può sbagliare un investimento milionario, un piccolo business spesso non può permettersi di sbagliarne uno da poche migliaia di euro!
Barbie stessa ne è la dimostrazione. Nonostante il grande successo del film, il vero prodotto, la bambola Barbie, continua infatti ad essere in calo del 12% sulle vendite dell’anno precedente. Ma per Mattel non è un problema. I suoi orizzonti temporali sono infinitamente più lunghi e ha già deciso di creare una lunga serie di altri film nel prossimo decennio.
L’approccio giusto per un piccolo business è invece quello di capire le logiche sottostanti alle varie strategie. Imparare il perché certe cose funzionano, e come alcune di queste si possono riprodurre nel piccolo della propria realtà.
Alcuni dei segreti di marketing che hanno fatto sbancare Barbie – The Movie sono assolutamente riproducibili anche da una piccola azienda. È il caso ad esempio degli UGC, della creazione di un rituale all’interno della propria nicchia, della creazione di conflitto e di engagement. Al contrario, mettere in piedi una strategia di brand awareness multicanale ad ampio raggio, può essere inutile e insostenibile per un piccolo imprenditore.
Cartelloni pubblicitari, sponsorizzate, pubblicità su media locali ecc, devono sempre far parte di una precisa strategia.
Per cui, se hai bisogno di una mano per mettere in piedi una strategia di marketing concreta e sensata per il tuo business, sai già cosa fare.
Compila il form di contatto e lasciati aiutare a creare insieme un piano d’azione a prova di bomba!